Giovanni Verga

La vita o si vive o si scrive, io non la ho mai vissuta, se non scrivendola.

Luigi Pirandello

Soltanto il mare gli brontolava la solita storia lì sotto, in mezzo ai fariglioni, perché il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole, anzi ad Aci Trezza ha un modo tutto suo di brontolare, e si riconosce subito al gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompe, e par la voce di un amico.

Giovanni Verga


The Missing Piece (capitolo 58)

Capitolo 54 parte 1 – Bollente
Chapter 54 part 1- Hot

Hiroto rimase solo con la propria rabbia. Non sopportava quel lato infantile di Kilari, lo mandava su tutte le furie. Perché non voleva farsi aiutare? Perché voleva sempre e solo la felicità altrui e non la propria? Il ragazzo non soffriva quella mesta ostinazione.
Hiroto si fermò improvvisamente, sbattendo con forza un pugno sul muro.
Aveva…esagerato? O era solo una sua impressione?
Non riusciva più nemmeno a ragionare. All’improvviso si ricordò di aver dato l’addio a Kilari. Cominciò a sentir tremare le mani. Era quello che voleva? Quello per cui aveva lottato con tutto sé stesso fino a quel giorno?
Si poggiò un palmo sul cuore. Doveva rimediare, anche perché sentiva di non poter stare senza Kilari. Non più di un secondo netto. Continuò a sospirare e con cautela girò piano la maniglia della porta. Nel farlo, notò che la stanza di Kilari era semi aperta. Accostò il viso accanto allo spiraglio che la entrata lasciava libero. Intravide Kilari seduta sul letto e rivolta verso il biancore tetro della luna. La finestra rifletteva il suo volto stanco, amareggiato e piangente. Era visibilmente depressa e le lacrime continuavano con dolosa continuità a marchiarle il viso.
Hiroto sentì una stretta al cuore. Come poteva essere stato tanto crudele?
Spinse piano la porta entrando a passi felpati nella stanza. Cercò di avvicinarsi senza emettere rumori, ma improvvisamente urtò il comodino accanto il letto. Si maledisse per aver commesso tale errore e s’aspettò già l’arrivo di una prorompente figuraccia. Ma Kilari non si voltò. Come se non sentisse. Hiroto s’avvicinò ancora fino a non notare che la ragazza aveva due auricolari nelle orecchie. Sorrise. Chissà cosa stava ascoltando?
Il ragazzo salì sul letto portandosi alle spalle di Kilari. Successivamente, con tocco lieve, le baciò il collo. La ragazza sobbalzò. Si voltò. Nel vederlo, il suo sguardo si spense più di quanto non fosse già. Hiroto allora sfilò con delicatezza gli auricolari dalle orecchie di Kilari.
- Non devi piangere – sussurrò il ragazzo – per uno come me…Kilari.
Kilari sentì il cuore accelerare mentre Hiroto proseguiva nel baciarle con sottile morbidezza il collo.
Hiroto fece scivolare la mano sotto la spallina della sottoveste in raso di Kilari. Abbassandola, seguì lasciando scorrere le labbra lungo la spalla rosea della ragazza. Kilari non sapeva come reagire. Hiroto stava…riallacciando i rapporti?
Hiroto stese Kilari sul letto portandosi sopra di lei. Le lacrime, sfregianti il volto di lei, continuavano a scorrere ininterrottamente lungo il suo viso illividito.
Il ragazzo appoggiò la fronte al petto di Kilari:- perdonami, Kilari, giurami…
- Giurami che non soffrirai mai più per me…- continuò.
Kilari sentì un tuffo al cuore e cominciò a piangere ancor più intensamente. Ma questa volta, di felicità. Il suo cuore cominciava a dipingersi dell’oscurità candida degl’occhi di Hiroto.
- Perdonami – riuscì a bisbigliare all’orecchio del ragazzo alzando la schiena in modo da portarsi a sedere.
- Perdonami, Hiroto – mugugnò – e fa di quello che credi.

Seiji era rimasto solo a contemplare lo scenario svedese in compagnia di Kame-san. Il vento faceva danzare le chiome folte degli alberi che incorniciavano il panorama.
- Ho fatto bene ad andarmene, non è vero Kame-san? – sorrise mesto il ragazzo rivolgendosi alla sua tartaruga – posso immaginare cosa stiano facendo ora…
Gli occhietti del piccolo rettile si fissarono sul viso triste del padrone.
- C’è sofferenza peggiore?- si chiese Seiji ad alta voce.
Una folata di vento gelido lo travolse costringendolo a tornare in camera.
Si chiuse le portefinestre alle spalle:- evidentemente…no…
- Ma magari…- Seiji infilò il cappotto e uscì dalla stanza.
- Posso provare a respirare aria nuova – concluse con un sospiro.

Il bisbigliare del vento era il solo testimone di quel momento magico. Kilari non poteva crederci. Il suo corpo di spostava di volontà propria, avvolto da quello di Hiroto. Il fruscio delle lenzuola come colonna sonora. Note lievi e intrecciate, plasmanti una sinfonia ben amalgamata. La luce fioca della luna a comprovare il loro amore. Tocco dolce, disinibito e intimo. Tepore, carezze, cameratismo. Hiroto accarezzò la gamba di Kilari salendo mano a mano verso la vita. La ragazza non aveva mai provato una sensazione simile. Il tatto leggero di Hiroto carezzava il suo corpo, mentre lei stessa lasciava correre le mani lungo il suo petto. Chiuse gli occhi mentre la pressione saliva. Batticuore. Energia. Non un briciolo di proibizione. Se quello era un sogno, pregava chiunque di non svegliarla.

Capitolo 54 parte 2 - Jenny
Chapter 54 part 2 - Jenny

Seiji giunse nuovamente nel ricco giardino dell’hotel. Appoggiando la schiena al tronco di una delle querce cominciò a riflettere . Era ormai il terzo giorno che alloggiavano in quella reggia e non avevano ancora scritto alcun testo. Era quello il loro compito, in fondo, no? Eppure, c’era qualcuno che si divertiva a metter loro i bastoni tra le ruote. Ma chi?
Sospirò stancamente, abbassando lo sguardo.
Improvvisamente venne avvolto da una nube di torbido fumo.
Tossendo, si voltò. Ma non vide nessuno.
Una figura longilinea e snella se ne stava seduta a cavalcioni sul ramo spesso dell’antico albero. Sopra la testa di Seiji.
Il ragazzo poggiò nuovamente il capo all’albero.
A richiamare un'altra volta la sua attenzione, una ragazza saltò giù dal nascondiglio scrollando i capelli. Alla mano destra, una sigaretta accesa, dalla quale aspirò una profonda boccata.
Seiji ne osservò l’incredibile bellezza: capelli mielati, occhi color alabastro e fisico perfetto.
- Anche tu solo soletto? – chiese lei.
Seiji non ebbe modo di rispondere.
La ragazza si mise a ridere, accarezzandogli un ciuffo di capelli dorati.
- Seiji Hiwatari giusto? Sei famoso…- mormorò bellamente.
Seiji sussurrò:- si…e tu? Come ti chiami?
- Io? Jenny, piacere – sorrise lei lasciando andare i capelli di Seiji.
Seiji sentì il cuore accelerare.
Come mai quella ragazza faceva nascere in lui così strane sensazioni?
- Seiji…ti vedo pensieroso…- commentò Jenny.
- Lo sono – confermò lui sospirando ancora una volta.
- Mi racconti? – chiese Jenny aspirando dalla sigaretta.
- Se potessi evitare…- sofferse Seiji.
Jenny gli si avvicinò, fino a non fa sfiorare i nasi. Gli sussurrò:- forza…
Seiji arrossì violentemente.
Jenny si sfilò la sigaretta di bocca, portandola alle labbra di Seiji.
- Rilassati…mica ti mangio! – e si mise a ridere.
Seiji non aveva mai fumato in vita sua. Ma pur di piacere a quella ragazza, si fece coraggio e contro la sua volontà, inalò una profonda boccata. Che schifezza. Voleva rigettare tutto in quello stesso momento. Ma errando, ingoiò cominciando a tossire.
Jenny scoppiò a ridere:- hai sbagliato!
Seiji si vergognò a morte e riprovò. Fallimento disastroso.
Jenny allora gli tolse la sigaretta di bocca e ne aspirò una boccata. Con classe e innato charme.
Con gesto abile, la riportò alle labbra di Seiji.
- Dai, è facile…quando ti ci abitui viene persino naturale – sorrise lei.
Seiji allora volle ritentare. E finalmente, ci riuscì.
Jenny batté le mani applaudendo:- bravo!
“Come se fosse un merito…” si disse mesto Seiji che si era pentito amaramente di aver fumato.
- Posso chiederti cosa ci fai qui? – sviò il discorso Seiji riportando la sigaretta alla bocca di Jenny.
- Io? Mio padre ha partecipato come membro al convegno giornalistico che si è tenuto qui oggi e alloggeremo in zona fino a domenica – spiegò la ragazza.
Seiji si illuminò:- davvero? Per me è lo stesso!
Jenny si limitò a sorridere.
Calò un momentaneo silenzio mentre la  ragazza spense sotto i piedi la sigaretta accesa. Sfilò un novello pacchetto dal taschino dei jeans e si portò una successiva paglia alla bocca.
Seiji rimase allibito da quanto fumava. La fiammella fioca dell’accendino illuminò il viso di Jenny per l’ultima volta. Alzando il braccio in segno di saluto, scomparve improvvisamente, imboccando il retro del giardino.
Seiji si posò una mano sul cuore. Si era innamorato di quella teppista?

Capitolo 54 parte 3 – Come una stupida marionetta
Chapter 54 part 3 – Like a Stupid puppet

I sospiri di Kilari e Hiroto si intrecciavano in un’unica melodia, dando vita all’atmosfera perfetta.
Poi, improvvisamente, una sensazione forte. E il buio.
Buio dolce. Mielato. Buio candido, soffice. Nel quale Kilari cadde dolcemente.
I ragazzi si lasciarono crollare sul letto con un sospiro esausto.
Kilari era felice. Puramente felice. Si sentiva cullata da una gloriosa sensazione di beatitudine somma.
Hiroto respirava profondamente, ma il suo viso rispecchiava il miglior benestare.
Nessuno dei due parlò.
I ragazzi si avvolsero in un intimo abbraccio, ascoltando il pulsare dei loro cuori. Kilari adagiò il capo sul torace di Hiroto. Il ragazzo, cercando di placare il respiro fattosi affannoso per ovvi motivi, sussurrò:- prometti…di non…di non lasciarmi mai, Kilari…
La ragazza sentì dentro sé un incommensurabile desiderio. Il voler rendere effettiva quella richiesta. Allora, spinta dalle ultime forze che le restavano, baciò morbidamente le labbra di Hiroto.
Poi, sfinita, si lasciò cadere accanto al corpo del ragazzo. E cadde in un sonno profondo.

Seiji era rimasto solo con il suo batticuore e alito odorante di fumo.
La sua memoria aveva impresso il viso di Jenny. Il suo profumo dolciastro e inusuale. La sua bellezza maliziosa e i riccioli che circondavano il suo viso.
Era rimasto fermo a contemplare il gelido tepore della luna.
- Se questo è amore…spero di provare ancora questa sensazione – sussurrò.

Nella sua stanza Muranishi, con Masahiro, stava studiando i metodi per portare avanti il lavoro dei tre giovani idol.
Masahiro mugugnò:- signore, questi tre non concludono nulla! Se non si danno una mossa siamo rovinati! Non ricorda perché sono qui?
Muranishi si passò una mano tra i capelli:- Certo, ma…dobbiamo fare in modo che compongano quella dannatissima canzone..oppure…!
Masahiro commentò:- lo so benissimo cosa succederebbe! Mi lasci solo pensare!

Seiji si avviò stancamente verso l’entrata:-sarà bene che reprima questi sentimenti…non sono qui per amare…ma per comporre…
Sentì scorrere una lacrima sul proprio viso:- anche se…comincio a pensare…di essere solo una stupida marionetta.
Capitolo 55 – Raccontami
Chapter 55 – Tell Me

La luce fresca del mattino pervase la stanza di Kilari danzando voluttuosamente sulle sue palpebre esauste. La ragazza inspirò a fondo, aprendo a fatica gli occhi. L’immagine che sulle prime le si mostrava più come sfocata, prese ben presto forma divenendo decisamente nitida. I colori dolci e scremati del mattino dipingevano l’atmosfera, rilassando l’animo di Kilari. Quando lasciò correre la mano lungo il cantone di letto di Hiroto non sentì alcuna presenza, ma la sua più nera paura venne rincuorata dallo scrosciare proveniente dalla doccia. Si sentiva immensamente appagata e il calore della trapunta coccolava il suo corpo spoglio. Osservò furtivamente la sveglia. Sgranò gli occhi nel leggere l’orario. Erano appena le sette e mezzo del mattino. Come aveva fatto, una pigra dichiarata come lei,  a svegliarsi tanto di buon ora?
Seppur combattuta sul se farlo o meno, s’alzò. Raccolse da terra la camicia di Hiroto che la sera prima gl’aveva tolto e se l’infilò, coprendo il corpo lievemente infreddolito dopo l’addio al caldo abbraccio delle coperte.
Improvvisamente la figura longilinea di Hiroto comparve dal bagno, avvolta ai fianchi da un asciugamano:- diavolo, che freddo…
Kilari sorrise e gli si buttò al collo baciandolo sulla guancia.
- Che fai ragazzina?! Mi baci di soppiatto? – scoppiò a ridere lui.
Kilari arrossì riavvolgendo mentalmente la scena:- ah! Sc-scusa!
Il ragazzo la guardò incerto, continuando a ridere, e mormorò:- in ogni caso, perché indossi la mia camicia?
- Bè, è stata la prima cosa che ho trovato…- si giustificò lei intrecciando le dita.
- Molto accattivante – scherzò Hiroto.
- Smettila! Me ne vado! – minacciò Kilari.
- No…aspetta – la bloccò lui.
Le si avvicinò sussurrandole all’orecchio:- ti prego…
Kilari sentiva il cuore battere all’impazzata.
- Scendiamo per la colazione? – domandò Hiroto.
La ragazza sentì morire tutto s’un colpo l’emozione che s’era accumulata dentro lei in quel frangente di secondo.
- E va bene – sospirò allacciando il primo bottone della camicia.
Hiroto si mise a fissarla:- ehi, Kilari…?
La ragazza si voltò:- dimmi?
- Non penserai di scendere con indosso la mia camicia?
Kilari lasciò scendere lo sguardo lungo l’indumento. Arrossì.
- In effetti…ecco…è meglio che io mi…cambi…
Hiroto annuì e la vide sparire in bagno. Si alzò e andò alla finestra infilando i jeans.
Scostò la tenda e un’immagine, come un fotogramma molto veloce, catturò la sua attenzione facendogli sbarrare gli occhi.

Seiji posò la schiena ad una delle querce che incorniciavano il viale del lussuoso hotel. Sbuffò, lasciando trasparire una nuvoletta candida fatta di fiato. Il cielo svedese era misteriosamente limpido, carezzato appena da un gelido alito di vento. Poggiò il capo sulla corteccia dell’albero, come necessitando sostegno, e portò gl’occhi al cielo. L’ultima settimana gli si riavvolgeva di fronte, mostrando ogni suo (nudo e crudo) fotogramma. La febbre di Hiroto, quel primo bacio dato alla ragazza che aveva amato più di chiunque altra, l’annuncio inaspettato del viaggio, l’addio a Kilari…tutto così veloce e doloroso. Così impareggiabilmente crudele e spietato. Unicamente – si disse – nei suoi soli confronti. Ricordò poi gl’ultimi avvenimenti: Kilari si era tagliata il braccio con un paio di forbici, era instabile e minacciata da un misterioso individuo d’identità oscura. Sbuffò.
All’improvviso, a spezzare il corso febbrile e mesto dei suoi pensieri, un lieve tocco sulla spalla.
- Allora è proprio un’abitudine, Seiji Hiwatari…!- lo derise affettuosamente una voce femminile alle sue spalle.
Seiji si voltò e sorrise:- Jenny!
- Ricordi il mio nome? – un’espressione realmente stupita s’accese sul volto della giovane.
Spostando lievemente il capo, come ad accennare sorpresa, infilò una mano in tasca e sfilò un lucido pacchetto di sigarette.
- Perché? Non dovrei ricordare? – chiese dubbioso Seiji.
Vi fu un attimo di silenzio durante il quale Seiji osservò la figura longilinea della ragazza. Jeans skinny nero opaco, fascianti gambe troppo magre, e trench beige stretto in vita. Sciarpa ad avvolgere il collo e capelli sciolti, cadenti in delicate onde lungo le spalle. Occhi marchiati di nero, carnagione lattea ed orecchi pullulanti di caleidoscopici piercing.
- Sembra incredibile…sei speciale, Hiwatari…- mormorò all’improvviso Jenny prendendo a camminare. Seiji non capiva, ma in quell’istante voleva solo perdersi nell’immenso dei suoi occhi, seguendola passo a passo lungo quella che si preannunciava una lunga passeggiata.

Kilari inspirò quanta più aria poté, una volta poggiati i gomiti sulla balconata della sua principesca stanza da letto. Ormai si era cambiata, pronta per la colazione, ed aveva raggiunto Hiroto. I caldi colori autunnali sembravano volerla avvolgere tra le loro braccia mentre il cielo le sorrideva. Dopo quel breve ma intenso periodo infernale poteva finalmente riposare un po’.
 La sua voglia di resurrezione cominciava a solidificarsi dentro di lei, costruendo mano a mano una nuova personalità. La forza le era tornata subito dopo la notte prima. Chiuse gli occhi: voleva bloccare quel momento e lasciarlo impresso nella sua mente per sempre. Si era infatti resa conto, che oramai, la suddetta “felicità” avrebbe dovuto comprarla, per poterla preservare.

- Jenny…io temo di sembrare impertinente…ma mi piacerebbe…ecco…- cominciò titubante Seiji.
La ragazza inarcò il sopracciglio sinistro e spostò lo sguardo sul ragazzo.
- Vorrei sapere…qualcosa di più su di te - ammise Seiji.
Jenny rimase pietrificata. I suoi occhi si collocarono poi sul ghiaino che i suoi piedi calpestavano passo dopo passo. Non riusciva a rispondere, quasi intimorita da sé stessa e dal riscontro che avrebbe potuto dare. Jenny si lasciò sedere stancamente sull’elegante gradino marmoreo della fontana che padroneggiava nella zona meridionale dell’hotel. Sospirò profondamente e fece sprofondare il volto tra le mani, peraltro pallide. L’incerto sole mattutino si specchiava sulle sue unghie laccate di nero dando vita, allo stesso modo, a concentrici ed interessanti giochi di luce.
Seiji rimase in piedi a contemplare il romantico riverbero che deflettevano i biondi capelli della ragazza, senza dire una parola. Il fumo della sigaretta che Jenny reggeva tra le dita andava a intorpidirne la figura, impregnando l’aria e colorando l’atmosfera di un qual ché di malinconico e ben poco confidenziale.
Seppur autunnale, quella mattinata, nasceva come chiara e gradevolmente assolata, singolarmente capace di affascinare con destrezza qualsiasi occhio s’apprestasse a porle attenzione.
Jenny mormorò accoratamente :- sei sicuro di voler…sapere la mia storia?
I suoi occhi limpidi si vestirono di malinconia, ma Seiji non poté che affermare il vero:- …sì.
Aveva bisogno di ascoltare l’evolversi di un vissuto diverso dal suo.

Nell’atrio della sala da pranzo, i tavoli destinati alla colazione erano ormai imbanditi, candidi ed adornati con la più estrema delle cure. L’orologio segnava le otto meno un quarto e all’interno della sala vi era gran movimento. Maitre e cameriere davano gli ultimi ritocchi prima dell’apertura, prevista per le otto in punto. Il Presidente Muranishi, accompagnato dal fedele Masahiro, scese le scale in tutta fretta con un taccuino alla mano.
- Masahiro, mi sa dire quanti giorni mancano alla conclusione del soggiorno? –domandò con aria grave.
- Per la precisione, questo è il terzo giorno che siamo in Svezia…quindi a rigor di logica mancano appena due giorni. Poi dovremo cambiare alloggio – commentò Masahiro massaggiandosi nervosamente la fronte corrugata.
Muranishi sospirò:- accidenti, mancano due giorni miseri…bè, non sconsoliamoci,non ve n’è motivo.
Masahiro fece un’espressione sconcertata ed esclamò:- ma signore, sebbene manchino due giorni il tempo è tiranno e il lavoro avrebbe dovuto essere stato concluso molto prima! Sa bene che quanto richiesto da Kama non si può in alcun modo ritardare! Anche perché il patto stretto con lui è peraltro…come dire… “pesante” per l’Agenzia!
Dopo qualche secondo di perfetto silenzio Muranishi intervenne:- certo, è lavoro…ma…la Svezia è una terra favolosa, non c’è angolo che non risulti straordinario…lasciamo un po’ di respiro ai nostri ragazzi…!
- Certo, io concordo con lei signore, ma vorrei precisare che… - fece per dire Masahiro.
La discussione venne interrotta da Hiroto e Kilari che si materializzarono al loro fianco.
- Buongiorno direttore! Masahiro…- dissero in coro.
- Buongiorno Hiroto! Ciao Kilari! – salutò Muranishi cambiando improvvisamente espressione.
Masahiro si limitò ad un gesto svogliato, e prese ad annotare qualcosa di sconosciuto su un misterioso block notes sfilato di tasca.
Kilari osservò il ragazzo di sottecchi proprio mentre le porte del salone si aprivano. Erano le otto.
I quattro presero posto al tavolo a loro riservato e iniziarono ad essere serviti dal cameriere di turno.
I piatti cominciavano a riempirsi delle migliori e sfiziose prelibatezze, profumando l’aria. Kilari stava seduta di fronte ad Hiroto, mentre il posto di Seiji era vuoto.
- Ragazzi…e Seiji? – domandò stranito Muranishi.
- Già! Hiroto hai idea di dove sia? – chiese Kilari.
Il ragazzo sospirò. La scena che aveva visto poco prima gli faceva intuire che si trovasse in compagnia di quella bionda ragazza. Un po’ di compagnia non poteva che fargli bene, così agitò la mano:- non preoccupatevi, sarà a passeggiare con Kame-san in giardino…se non ha fame, e lo dico perché lo conosco, non c’è motivo perché faccia colazione.
I presenti sorrisero e Muranishi convenne:- lo trovo giusto. Bene! Cominciamo.

Seiji era in attesa di una risposta.
Jenny continuava a fumare senza parlare. Era calato un silenzio imbarazzato e Seiji era sul punto di aprire la bocca e scusarsi.
Ma venne battuto sul tempo:- sai, sei coraggioso.
- Per quale motivo?
- Nessuno mi ha mai ascoltata, in vita mia. Sei il primo. Mi sento in…imbarazzo – mormorò Jenny senza alzare lo sguardo.
Seiji sentì un tumulto al cuore: essendo il giovane rampollo di una famiglia nobile era sempre stato ascoltato, quantomeno dalla sua balia che aveva passato con lui tutta la sua infanzia. Seppur un bimbo timido era stato curato e affidato ai migliori psicologi. Era la prima volta che sentiva parole tanto pesanti.
- Mia madre è morta quando avevo…quanti? Cinque anni? Già. Vivevo con lei perché mio padre non voleva riconoscere la paternità…sai com’è vero? Gli uomini sono insensibili e privi di senso di responsabilità – continuò Jenny debolmente.
Seiji non sapeva se fermarla perché si sentiva in colpa, o farla continuare visto l’i’interesse che s’andava a crearsi dentro di lui. Sono stata affidata a mia nonna, allora abbastanza giovane, e ho vissuto con lei per all’incirca…quattro anni. Una volta averne compiuti nove ,venni a sapere, peraltro a  scuola, che mia nonna era stata uccisa, investita da un’automobile in corsa folle. Alla guida, quello che poi seppi mio padre.


Capitolo 56 - Lite
Chapter 56 – Quarrel

Seiji non poteva credere a quello che stava sentendo.
- Tua nonna…è stata investita da tuo padre?! – ripeté senza cambiare espressione.
Jenny mosse il capo in segno affermativo mentre una nuvola di fumo avvolse ancora una volta il suo volto.
Scese un momentaneo silenzio.
- Rimasi sola. Non vi fu modo di costringermi ad essere affidata ad una famiglia adottiva, così mio malgrado, venni commissionata a mio padre, seppur omicida. Non chiedermene il perché…mi ha sempre detestata perché, sue testuali parole, “ho intralciato la sua indipendenza”. Ora che ho sedici anni non aspetto che la libertà – bisbigliò Jenny.
Seiji stava immobile, a fissare l’intristirsi dello sguardo di lei. La sua mente lavorava continue ipotesi mentre cercava di riflettere su come poterla incoraggiare. Ma non otteneva alcun risultato soddisfacente.
- La convivenza con lui è durissima, puoi immaginare da te quanto sia faticoso reggere accanto ad un ubriacone con lavoro pericolante che cambia umore in continuazione e alza le mani…Ho passato un periodo in depressione, ho cominciato a fumare a undici anni e sono guarita dall’anoressia da poco…un vero disastro, eh? Mi faccio pena da sola, credimi – abbozzò una risata la ragazza.
Seiji la guardò, amalgamando l’azzurro cupo dei suoi occhi con la profondità smisurata di quelli di lei. Nessuno dei due parlò più, finché il silenzio venne rotto da un’affermazione:- ci sono stati momenti in cui, obbligata ad un’esistenza che non ho mai desiderato, ho seriamente pensato di essere un’inutile marionetta.
Seiji sentì un tumulto:- che?!
Era il suo stesso sentore. La sua stessa affermazione. E questo lo spaventava.
La ragazza nascose ancora una volta il volto tra le mani, sospirando profondamente.
La mente di Seiji continuava a lavorare febbrilmente, alla ricerca di un qualche argomento di conversazione.
- Le tue gambe…ecco…sospettavo che tu avessi sofferto di…- accennò Seiji titubante.
Sedette accanto a Jenny e le poggiò un braccio sulla spalla:- dai, fatti forza.
Jenny tremò. Il suo cuore cominciò a battere più forte e ad annegare nell’ansia. Quella mano. Quel braccio così vicino: percepire il respiro, continuo e sempre più proprio. Vicinanza pericolosa. Con uno scatto si scansò rinchiudendo il capo tra le braccia:- lasciami…lasciami in pace!
Seiji assunse un’espressione stupita, ma si scusò:- p…perdonami.
Jenny cadde sulle ginocchia:- scusami…scusami…tu…io…io…
Seiji si alzò. Percepiva un non funzionamento nella ragazza, quell’atteggiamento era di certo frutto di un’esperienza non certo gradevole. La circondò con le braccia facendola alzare.
- Jenny, dimmi che ti succede – implorò Seiji.
La ragazza spostò il capo.
- Voglio aiutarti perché anch’io…mi sento…un’inutile marionetta – ammise Seiji con sforzo immane.
Jenny sgranò gli occhi con disprezzo e si scansò da lui:- come puoi essere tu, idol affermato, una povera bestia come me?! Lo dici per pietà, e a me la pietà fa schifo!
Seiji ribatté:- non lo faccio per pietà! Non sto mentendo, accidenti!
- Come no! Voi idol siete spocchiosi e scontenti, seppur ricchi e bel che sistemati! Tutti come quella Tsukishima! Pensavo che tu fossi diverso, Seiji… - mormorò Jenny.
I due rimasero in silenzio. Seiji si sentiva ferito, dopo aver sentito nominare Kilari.
- Vuoi sapere che ne penso?! Sei tu, la capricciosa! Hai solo paura, terrore immane nell’affrontare le cose per come stanno! – urlò Seiji.
Jenny si portò una mano alla fronte tentando una ristata dispotica:- ma davvero?! Allora guarda questo.
Con sgomento di Seiji, si sfilò la sigaretta di bocca e, prima che chiunque potesse fermarla, se la spense sulla mano premendo sulla pelle il mozzicone. I suoi occhi riflettevano il più grande dei disprezzi, marchiati da un passato di rovinose cadute e deboli risalite.
Seiji tentò di fermarla:- che fai?!
- Quello che ho il coraggio di fare – sussurrò Jenny.
- Smettila! Dimostrazioni di questo tipo non servono a nessuno – tentò di dissuaderla.
- Bugiardo. Me l’hai richiesto tu…e adesso…lascia che me ne vada…noi incapaci d’affrontare le cose per come stanno siamo molto impegnati – mormorò lei voltandogli le spalle e consegnandogli la sigaretta ormai spenta.
Il ragazzo era tentato di fermarla ma non poté che abbassare il capo e sussurrare:- perdonami…

Kilari addentò la prima brioche alla marmellata.
Hiroto la fissava sgomento, dopo aver notato la quantità indefinibile di cibo che era riuscita ad ingurgitare:- Kilari, diventerai una balena! – rise di gusto.
La ragazza gli mostrò la lingua:- sai quanto me ne importa!
- Importa a me! Cosa pensi? Di schiacciarmi, forse? – continuò a deriderla Hiroto.
Kilari lesse la malizia di quelle parole ed arrossì.
Poi si ricordò improvvisamente di non aver ancora acceso il cellulare e l’estrasse di tasca. Tenette premuto il pulsante di arresto chiamata e attese, continuando a mangiare. Hiroto e Muranishi presero a parlare, mentre Masahiro scomparve all’esterno. Kilari assaporò lentamente un nuovo croissant e bevve una sorsata di succo d’arancia mentre sentì vibrare il telefonino. Con un sorriso notò un messaggio. Premette il tasto sinistro e l’aprì.
I suoi occhi si spensero all’improvviso mentre il suo cuore prese a battere all’impazzata. Avvertiva l’ansia trasparire in qualsiasi parte del suo corpo, mentre lo sguardo le si spegneva. Si sentì impallidire. In quel momento desiderò intensamente di morire.

Capitolo 57 – Sorprese sgradite
Chapter 57 – Surprises Unwelcome

Jenny era rimasta sola.
Cercava di contemplare il cielo sfidando l’impedimento delle lacrime, che le offuscavano gl’occhi. Era rimasta profondamente ferita dall’atteggiamento di Seiji. Seppur l’avesse conosciuto da pochissimo tempo, lo sentiva particolarmente vicino.
Era inoltre stata in grado di percepirne la lieve ma penetrante vena malinconica, e questo, saziava la sua grande insoddisfazione.
Sospirò, aspirando ancora una volta da una nuova sigaretta. Si scopriva ormai esageratamente spesso a farlo: era un dato di fatto, dipendeva dal fumo, era schiava prediletta della depressione e si sentiva sferzare ogniqualvolta dall’angoscia.
Si passò una mano sulla fronte, con aria angosciata, e poggiò la schiena al muro dell’hotel.
Spostò il palmo agl’occhi, per poterlo osservare. Il dolore pulsante della bruciatura procuratasi era terribilmente linciante, ma cosa poteva farci? Se non fosse stata una persona impulsiva, il suo Grande Problema l’avrebbe ammazzata molto tempo prima.
La sua mente non faceva che inciampare in continue deduzioni. Si sentiva tradita e disarmata. “Ma d’altra parte” si disse “ questo sentimento…mi è fin troppo familiare”. Si rannicchiò sulle ginocchia, nascondendo il capo tra le braccia. Le pareva di soffocare. Quella scena continuava a ripetersi, una volta dopo l’altra. Ancora e ancora. In maniera sempre più dolorosa. Sentiva nuovamente il sospiro caldo di Seiji sul suo, penetrato ormai nei meandri più bui della sua anima.
Venne scossa dal trillo del cellulare, che stringeva nell’altra mano. Con un tumulto realizzò che s’era fatta l’ora di rientrare. Si sfregò gli occhi per cancellare il dolore, e seppur tristemente, s'alzò diretta tra le braccia del suo carnefice.

Kilari deglutì cominciando poi a tossire. Muranishi si voltò in sua direzione un poco allarmato, e lo stesso fece Hiroto che sorrise :- Kilari, ti avevo detto di andarci piano!
Ma lei aveva un’aria tutt’altro che divertita. L’ansia la stava divorando. Perché aveva visto quello che aveva visto? Che male aveva fatto?! E a chi?
Hiroto si alzò andandole a battere la schiena con una mano:- Ehi?! Tutto bene?!
Kilari sentiva il cuore scoppiare, se per il soffocamento se per lo shock non sapeva. La sua mente vomitava , una dopo l’altra, continue imprecazioni. Tentò di parlare, ma dalle sue labbra uscì uno stentato sussurro:- è…è tutta colpa…mia…!
Hiroto non capì:- come sarebbe ch'è colpa tua?! Kilari?! Kilari!
Lasciò cadere il cellulare a terra e quella fu l’ultima scena che vide.

Seiji era in compagnia di Kame-san, rimasto solo. Come aveva potuto litigare con Jenny? E per quale sciocco motivo? Si sfregò energicamente la fronte e spinse lontano la ghiaia che calpestava. Il vento sembrava volerlo schiaffeggiare, con quelle sferzate gelide.
Osservò lo schermo del cellulare, per leggere l’orario.
Si erano fatte inaspettatamente le otto e venti. Fece per alzarsi ma una visione lo bloccò. Sforzò la vista e notò Masahiro appoggiarsi al cancello dell’hotel: che stava facendo? Non doveva essere a fare colazione con Kilari, Hiroto e Muranishi?
Inducendosi ad apparire il più disinteressato possibile si portò più vicino, sedendo alla panchina accanto. Si mise a pigiare i tasti del cellulare fingendo una chiamata ma, all’improvviso, portando il cellulare all’orecchio, sbarrò gl’occhi. Si pentì amaramente di aver voluto spiare quel ragazzo così misterioso.


Capitolo 58 – Risveglio
Chapter 58 – Awakening

Kilari aprì gli occhi di scatto, come se a richiamarla da quel sonno inquieto fosse un sussulto ansiogeno.
Quello che vide fu il soffitto della propria camera. Come aveva fatto ad arrivarci? Le parve di non ricordare nulla e per un momento si chiese quale fosse il suo nome.
Si mise a sedere di soprassalto e il respiro le si fece inquieto, come di propria trovata.
Si era tramutato in un gemito strozzato e innaturale. Kilari portò una mano al cuore, che correva come in fuga ad una terribile paura. Il che era la verità.
Quell’immagine infernale le balenava in mente, mentre la sua bocca avvertiva ancora il sapore dolciastro dei croissant. 
Si alzò di scatto dal letto e aprì la porta con una foga innata.
Nell’uscire, s’imbatté in Hiroto.
Quando gli sguardi si incrociarono Kilari poggiò il capo al suo petto e strinse tra le mani la maglia del ragazzo:- Lo hai…visto?
Hiroto sospirò e ammise:-…si.
Kilari cominciò a piangere:- mi dispiace, è…è tutta colpa mia, …!
Il ragazzo la prese per le braccia:- Stai scherzando?! Non è assolutamente vero!
La ragazza abbassò ancora una volta il viso, che ormai s’era macchiato delle lacrime più amare.
- Era una minaccia vera e propria. Quello stalker ha esagerato, maledizione! – convenne Hiroto furioso.
Kilari inspirò:- non so più cosa fare…questo…questo è troppo…
Hiroto non poteva che concordare. All’improvviso prese Kilari per un braccio. Entrò in camera della ragazza e chiuse la porta dietro di sé.
Hiroto sospirò:- quell’immagine non deve assolutamente arrivare nelle mani di un qualsiasi giornalista, o per noi sarà la fine. Sono proprio un idiota…!

Seiji vide la figura esile di Jenny avvicinarsi a Masahiro. Spostò lo sguardo, preda di mille dubbi: che stessero assieme? Che fosse lui la causa dei malesseri di Jenny, infondo,infondo?
Diede una seconda occhiata furtiva e lo vide strattonarla per un braccio. Voleva alzarsi e gridargli di andare al diavolo, strappargli Jenny dalle braccia e portarla a sé. Ma gli mancava il coraggio. Questo lo faceva sentire l’ultima delle persone meritevoli a questo mondo.

Gli occhi di Kilari avevano ormai incorporato una sorta di continuo sgomento, paura, anatema. Quel viso, quello sguardo morto e martoriato, quel corpo posto in modo così innaturale, quelle convinzioni così deboli e ripiegate su loro stesse: quella ragazza non era Kilari. Quell’indole mesta non le apparteneva. E come se non fosse abbastanza, quella scarsa forza che l’era rimasta era concentrata interamente sull’autocommiserazione. Tutto questo faceva infuriare Hiroto. Ma alla fine, che altro poteva fare se non avvertire un terrificante senso di rabbia?
Era andato tutto a catafascio. Quella sorta di viaggio s’era trasformato in una carneficina, la Svezia , all’inizio così fascinosa e accogliente, si colorava ora, ai loro occhi, delle tinte più buie.
- Io mi chiedo…perché in quel momento?! – mormorò Hiroto stringendo i denti.
Kilari sulle prime non rispose, ma si spostò verso la finestra, che irradiava lievemente la stanza.
Scostò la tenda lattea, con espressione stanca. Sospirò emettendo uno stentato gemito.
- Non lo so…non lo so, davvero – mugugnò poi mordendosi un’unghia con istintivo nervosismo.
- Senti, Kilari, dobbiamo far partire una denuncia: non è concepibile tutto questo! – sbottò Hiroto.
La ragazza ebbe un sussulto:- e che gli diciamo?! Che siamo minacciati da qualcuno che mi costringe a far sparire una tartaruga?
- Kilari! Non è questo il punto, Cristo! Non si tratta di una semplice tartaruga…!– Hiroto si passò con ansia una mano sulla fronte, madida di sudore.
- E di che? Che cosa andiamo a dire?! – gemette Kilari a metà tra lo sconforto e la rabbia.
Hiroto le afferrò l’avambraccio fasciato:- come giustifichi questo?!
Kilari non poteva negare quella ch’era l’evidenza, così abbassò il capo. Lo faceva ormai troppe volte, se ne rendeva perfettamente conto. Ma a quel punto era, tristemente, un gesto integrante della sua routine.
- Senti…non ti abbattere, troveremo una soluzione… - mormorò Hiroto intenerendo il tono – non preoccuparti…
Kilari si lasciò passivamente avvolgere dalle braccia di Hiroto. Il suo ragazzo.
Sbarrò gli occhi. Il suo cervello cominciò a correre: “il suo ragazzo”…”ragazzo”…”il suo”…”il suo ragazzo”…”ra-gaz-zo”…
- Un momento! – balzò poi, infervorata – lo avevo dimenticato!
Il sopracciglio di Hiroto si inarcò pericolosamente:- …Kilari…?
La ragazza si avvicinò a lui:- al diavolo!

L’aria si era fatta più fredda.
Masahiro ansò, lasciando trasparire una nuvoletta di candido sospiro:- è ora di finirla! Sono venuto qui per te! E tu che mi dici?!
Jenny si scansò dalla presa del ragazzo e lo fissò, puntandogli gl’occhi contro.
- Lo posso anche apprezzare – sentenziò aspramente – ma nessuno t’ha interpellato…tanto meno io. Spetta a me decidere del mio futuro, e sono io che vivo il mio presente. Non ho bisogno di te, quel che è stato è stato. Ora lasciami in pace e sparisci.
Masahiro assunse un’espressione offesa e strinse i denti.
- Vattene – proruppe Jenny rafforzando quando già detto – sono stanca di quel tuo viso insignificante…
- Ah davvero?! – chiese inviperito Masahiro.
- Davvero – mormorò decisa Jenny, infilandosi una sigaretta in bocca.
Avvicinò l’accendino alle labbra, e l’accese.
- Sai vero…- cominciò Masahiro con improvvisa calma.
Le si avvicinò.
- …che…chi gioca con il fuoco…- proseguì assumendo un’espressione seria.
Jenny cercò di allontanarsi, ma venne intrappolata dalla sottile aggressività dello sguardo di Masahiro.
-…chi gioca con il fuoco…- ripeté lui sfilandole la sigaretta appena accesa dalle labbra – si scotta?
Spense la sigaretta sul giubbotto in pelle di Jenny, premendole in petto.
All’improvviso la lasciò andare, senza distogliere lo sguardo dagl’occhi cupi della ragazza e, sbattendole la spalla contro, girò i tacchi, sparendo all’interno dell’hotel.
Jenny rimase immobile, non si voltò nemmeno. Avvertiva uno strano sentimento germogliare nei rimasugli straziati di quello che diceva essere il suo “cuore”. Somigliava all’odio. Ma la sua aura negativa era doppiamente amplificata. Jenny non riusciva nemmeno a sbuffare. Trattenne il respiro.
Voleva sopprimere quello strano desiderio.
- Sono io – disse ad alta voce – che vivo il mio presente. Deve essermi ben chiaro.

Capitolo 59 – Decisioni e Convinzioni
Chapter 59 – Decisions and Awenesses

Muranishi tracciò delle linee confuse su d’un latteo foglio di carta.
Sorrise alla propria opera:- accidenti, dovrei scriverle io le canzoni!
La porta s’aprì alle sue spalle e il direttore sussultò:- chi è?!
– Si calmi signore, sono solo io – sbuffò Masahiro serrando la porta
– Perdoni l’invadenza ma…si sente male? – domandò Muranishi lievemente preoccupato dalla cera del ragazzo.
Masahiro scosse la testa: – non tema…ho semplicemente preso atto di…alcune cose.

Hiroto vide il viso di Kilari farsi sempre più vicino. Nitido.
– Hiroto, non mi importa più – sussurrò Kilari – se c’è un pazzo che mi minaccia…io mi sono appena ricordata…che in realtà mi basta solo il tuo amore.
Il ragazzo sentì un forte tumulto al cuore.
Kilari sedette sulle gambe di Hiroto dandogli un bacio.

Jenny chiuse gli occhi per un solo istante. Era sola. Come sempre. Si sfregò il giubbotto facendo cadere a terra i rimasugli di mozzicone rimastigli addosso.
- Forse…non ho sbagliato – mormorò portando lo sguardo all’edificio.
- Per una volta…ho capito…cosa fare – sussurrò poi, concludendo a fatica la frase.

Hiroto si sentì distendere sul letto. Non aveva la forza per potersi muovere, in quanto l’unica spiegazione che dava all’avveniente era il sanare una ferita. Che continuava a sciorinare anziché sanarsi definitivamente.
All’improvviso,però, si sentì minacciato, come se avvertisse lo sciogliersi di un meccanismo.
Cercò di spostare il viso per osservare fuori dalla finestra ma quello che vide lo face rabbrividire.
- Kilari!

Masahiro cadde stancamente sul divano della propria stanza.
Estrasse dal taschino del giubbotto quella che pareva essere una foto, indebolita dal tempo e spiegazzata. Sospirò.
- Accidenti a te – mormorò flebilmente.

Seiji s’alzò e cominciò a camminare a testa bassa. Jenny era sparita Era confuso, forse anche offeso.
Si guardò le mani, rosse dal tanto freddo.

Capitolo 60 - Sangue
Chapter 60 – Blood

Hiroto chiuse gli occhi con quanta più violenza poté. Fu un secondo. Netto, preciso e schietto, che non lasciò spazio a pensiero alcuno. Kilari non vide più nulla, poté a malapena sentire uno schianto gutturale e trovarsi stesa a terra.
Socchiuse gl’occhi, cercando con tutte le sue forze di rendere nitida l’immagine che le si presentava.
Con orrore urlò:- Hiroto! Hiroto, svegliati, Hiroto!! Ti scongiuro!

Seiji passeggiava ormai da solo, a capo chino. Ascoltava i mugolii del piccolo Kame-san e si sentiva sfiorare il viso da continue sferzate di vento. Non gli importava granché, per la verità.
All’improvviso di sentì andare a sbattere sul corpo esile e fragile di una ragazza. Sollevò lo sguardo, spento e prostrato. Si trattava di Jenny. Per un istante i corpi si toccarono. Ma lei si scansò, facendo per andarsene. In quell’istante non aveva la forza per parlare con Seiji, né tanto meno per potersi giustificare. Di qualsiasi suo gesto.
Seiji assottigliò gl’occhi e si bloccò, facendo stridere la ghiaia con il piede destro.
- Aspetta un secondo…ti prego – mormorò poi senza voltarsi.
Jenny si immobilizzò puntando lo sguardo a terra.
- Io devo parlarti…Jenny…puoi…vuoi ascoltarmi? – chiese Seiji dolcemente.
Il cuore di Jenny ebbe un sussulto. Mai nessuno le si era rivolto tanto mitemente. A parte…quella persona.
Sospirò stancamente e si volse abbassando il volto.
- Voglio che tu mi ascolti e… - iniziò Seiji.
- E?
- Mi apra il tuo cuore.
Jenny si bloccò.
Ma poi si morse un labbro, abbozzando un sorriso.

Kilari stava piangendo. Una pozza di sangue circondava il capo di Hiroto mentre il ragazzo posava il capo al pavimento gelido:- Kilari…come…come stai?
- Che è successo?! – urlò Muranishi irrompendo nella stanza – ho sentito gridare!
Kilari non parlava ma si scostò mostrando il viso del ragazzo.
- Cosa significa?! – domandò con sconcerto Muranishi.
Kilari indicava un coltellino a serramanico.
- La prego chiami un’ambulanza! La supplico! – pianse disperata alzandosi da terra.

Seiji e Jenny vennero interrotti dal brusco strillare di un’ambulanza. I loro sguardi vennero catturati da quella visione e si avvicinarono notando Hiroto steso su una barella..
- Che succede? – chiese Jenny.
-Quello è Hiroto! Devo…andare a vedere!! – esternò Seiji. Il loro discorso era morto Ma in quel momento, quantomeno per Seiji, la cosa più importante era il suo migliore amico.